Tempio della dea Luna
Tempio della dea Luna

Il Tempio venne costruito in epoca tardo repubblicana su una terrazza naturale.


Ne è stato individuato il basamento con pavimentazione in coccio pesto su cui era apposta un’iscrizione che ricorda i magistrati responsabili del collaudo, L. Folcinio e Caio Fabio. L‘edificio di culto presentava tre celle e pronao con due file quattro colonne; come nel caso del Capitolium, la copertura ha struttura in legno, con ricca decorazione architettonica in terracotta più volte sostituita.


Dal frontone proviene un gruppo scultoreo, anch’esso in terracotta, in cui compaiono dea Luna seduta in trono, alla sua destra Apollo con la cetra e, alla sinistra della dea, una figura maschile con cornucopia ricolma di grappoli d’uva (forse Dioniso o il Genio del Popolo Romano); alle estremità si trovano due Muse. Un secondo gruppo, in corso di restauro, rappresenta il mito di Telefo.


Il tempio venne completamente ricostruito nella prima Età Imperiale: un altissimo podio, di circa 7 metri, di cui sono visibili le strutture voltate, costituisce la base per un edificio a cella unica.
Esso si affacciava su un’ampia piazza, delimitata da porticati e attraversata da una strada lastricata in marmo. La strada si arrestava alla base della ripida scalinata di accesso a due rampe che conduceva al Tempio.


Risale a questa fase un frammento di fregio in marmo, mentre le trabeazioni marmoree, legate al rifacimento del tetto, sono da riferirsi probabilmente all’epoca di Caracalla. In base all’iscrizione qui rinvenuta, la ricostruzione del tetto potrebbe essere stata realizzata entro il 211 d.C.


Scopri la storia della città di luna

La colonia romana di Luna ha avuto una vita lunga più di mille anni. I Romani iniziano ad occupare il territorio su cui sorge la città agli inizi del II sec. a.C. per istituire una testa di ponte in vista della conquista della Spagna. Nel 177 a.C. duemila cittadini romani partecipano alla fondazione della colonia di Luna patrocinata dai triumviri M. Emilio Lepido, P. Elio Tuberone e Gn. Sicinio; a ciascun colono sono assegnati 13 ettari in un’area compresa indicativamente tra il fiume Magra e l’attuale Comune di Pietrasanta.